IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 384/1985 proposto da Gaglio Alfonso, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Ventura, presso lo studio del quale, in Trieste, via Carducci n. 22, ha eletto domicilio, come da mandato a margine del ricorso, contro l'u.s.l. n. 1 "Triestina", in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. Sergio Leban, presso lo studio del quale, in Trieste, via Carducci, 8, ha eletto domicilio, per l'annullamento del provvedimento datato 11 maggio 1985 dell'u.s.l. n. 1 di rigetto della sua istanza volta ad ottenere il riconoscimento giuridico ed economico delle funzioni principali svolte e per l'accertamento del suo diritto ad ottenere detto riconoscimento; Visto il ricorso, notificato il 28 giugno 1985 e depositato presso la segreteria il 18 luglio 1985 con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'u.s.l. n. 1, depositato il 13 settembre 1986; Viste le memorie prodotte dalle parti; Visti gli atti tutti della causa; Data per letta alla pubblica udienza del 18 gennaio 1990 la relazione del consigliere Umberto Zuballi ed uditi, altresi', gli avvocati Ventura per il ricorrente e Leban per l'u.s.l.; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Il dott. Alfonso Gaglio, dipendente dall'u.s.l. n. 1 Triestina, in qualita' di aiuto fa presente di aver svolto le superiori funzioni di primario essendo il titolare rimasto ininterrottamente assente dal servizio dall'11 maggio 1983, prima per malattia e poi, dal 1º novembre 1984, per comando. Ne consegue che il ricorrente avrebbe diritto all'attribuzione formale dell'incarico a decorrere dal 1º gennaio 1984 e comunque al riconoscimento economico delle funzioni superiori. Con atto 11 maggio 1985 l'u.s.l. comunicava di non aderire alle richieste: contro quest'ultimo atto si appunta il presente ricorso, a sostegno del quale viene rilevata la violazione e falsa applicazione degli artt. 29 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 e del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 128. Sostiene l'amministrazione nel diniego che l'art. 7 del d.P.R. n. 128/1969 sarebbe stato abrogato dall'art. 29 del d.P.R. n. 761/1979, in relazione all'obbligo di sostituzione di medici in posizione funzionale superiore. Ad avviso del ricorrente invece cio' non corrisponderebbe a realta', posto che le due norme disciplinano due distinte fattispecie. Invero ad avviso dell'istante mentre l'art. 29 disciplina il divieto di esercizio di mansioni superiori, salvo il caso di eccezionali esigenze, l'art. 7 invece, sancisce l'obbligo di svolgere funzioni superiori in sostituzione; le esigenze cui sopperiscono le due norme sarebbero quindi affatto diverse e non incompatibili. Altro motivo di gravame riguarda la violazione e falsa applicazione dell'art. 7 del d.P.R. n. 128/1969 in relazione all'art. 36 della Costituzione e violazione dei principi generali. L'obbligatorieta' della sostituzione del primario da parte dell'aiuto comporta il diritto al pari trattamento economico, prescindendosi dall'attribuzione formale dell'incarico. Nel silenzio della legge troverebbero applicazione o l'art. 45, dell'accordo del 16 febbraio 1978 ovvero i principi dell'ordinamento, di cui all'art. 36 della Costituzione, in quanto le mansioni superiori sono state svolte non gia' di mero fatto ma in ossequio ad una precisa norma. Ne' ostacolerebbe a tale riconoscimento l'art. 29 citato posto che una volta che le mansioni superiori vengano svolte per un periodo superiore a sessanta giorni (periodo per il quale non vi sarebbe un superiore trattamento economico) ne' deriverebbe automaticamente il diritto al superiore trattamento economico. Conclude chiedendo oltre all'annullamento del provvedimento impugnato, l'accertamento del diritto alla formale attribuzione delle funzioni di primario e del conseguente trattamento economico, ovvero solo di quest'ultimo, con condanna dell'Amministrazione al pagamento del dovuto con rivalutazione ed interessi. Si e' costituita in giudizio l'u.s.l. n. 1 la quale, dopo aver rilevato come con la diffida rivolta all'Amministrazione il dott. Gaglio ebbe a sollecitare l'attribuzione formale dell'incarico a funzioni superiori, per il quale mancava il presupposto della vacanza, sottolinea come l'abrogazione dell'art. 7 del d.P.R. n. 128/1969 ad opera dell'art. 29 del d.P.R. n. 761/1979, trova conforto nella giurisprudenza e nello stesso dettato normativo del citato art. 29, terzo comma, che stabilisce come la sostituzione di personale in posizione superiore non costituisce esercizio di mansioni superiori qualora rientri tra i compiti della propria posizione funzionale. Rileva, infine, come nel caso manchi ogni attribuzione formale di mansioni superiori. Quanto alla seconda censura, la u.s.l. rileva poi come l'art. 45 dell'accordo del 16 febbraio 1979 sia da ritenersi abrogato dal citato art. 29 del d.P.R. n. 761/1979, ne' avrebbe alcun peso il riferimento all'art. 36 della Costituzione che nel pubblico impiego non troverebbe immediata applicazione. Conclusivamente la u.s.l. conferma a suo avviso che nessun diritto sarebbe sorto in capo al ricorrente a seguito delle mansioni superiori di fatto svolte e conclude per il rigetto del gravame. D I R I T T O Il thema decidendum riguarda la possibilita' per l'Unita' sanitaria locale interessata di retribuire il ricorrente, aiuto ospedaliero, per le mansioni di primario ospedaliero svolte oltre i sessanta giorni previsti come limite massimo per lo svolgimento delle medesime dall'art. 29 del d.P.R. n. 761/1979. Come noto della questione si e' gia' occupata la Corte costituzionale nella recente sentenza 9-23 febbraio 1989, n. 57, la quale, nel dichiarare infondata la questione di incostituzionalita' della norma citata, ha affermato che le mansioni superiori svolte da un pubblico dipendente sarebbero retribuibili, anche in mancanza di un atto formale, sulla base dei principi che regolamentano la prestazione di fatto di cui all'art. 2126 del cod. civile, applicabile anche nell'ambito del pubblico impiego. Detta pronuncia della Corte costituzionale, lascia ad avviso di questo collegio, aperta la questione in quanto non solo omette di considerare l'incongruita' di far discendere da un comportamento illegittimo, quale l'effettuazione di mansioni primariali oltre il termine di giorni sessanta, un vantaggio per l'interessato, ma anche in quanto non appare chiaro come si accordi con il principio - immanente all'intero settore dell'impiego pubblico - della necessaria predisposizione formale dei dipendenti ad un posto tramite atti autoritativi in stretta correlazione alla qualifica da loro posseduta ed alla vacanza del posto. Va, altresi', rilevato che il principio enunciato dalla Corte costituzionale parrebbe porsi in insanabile conflitto con l'obbligo di assunzione dei pubblici dipendenti tramite concorso pubblico, con quello di buon andamento della pubblica Amministrazione e della riserva di legge relativa all'organizzazione dei pubblici uffici. Della questione si e' occupata l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella recente ordinanza n. 10 del 5 luglio 1989, rilevando in primis come l'ambito di applicazione dell'art. 29 del d.P.R. n. 761/1979 sia diverso da quello disciplinato dall'art. 7 del d.P.R. 27 maggio 1969, n. 128; la prima norma, invero, pone il divieto per il personale delle unita' sanitarie locali di essere assegnato a mansioni superiori tranne, in via eccezionale, nell'ipotesi di particolari esigenze di servizio, con il limite temporale di sessanta giorni nell'anno solare e senza diritto ad alcun compenso economico. La norma di cui all'art. 7 del d.P.R. n. 128/1969 prevede, invece, la sostituzione del primario ospedaliero da parte dell'aiuto in caso di assenza, impedimento e nei casi di urgenza. Ad avviso dell'adunanza plenaria non e' contestabile la perdurante vigenza del quinto comma dell'art. 7 del d.P.R. n. 128/1969 che implica un'attribuzione vicaria di funzioni il cui esercizio inerisce alla qualifica rivestita ed e' istituzionalmente proprio della medesima; trattasi di norma riproduttiva del principio generale nell'ambito del pubblico impiego enunciato per l'intero personale delle uu.ss.ll. dal terzo comma dell'art. 29 del citato d.P.R. n. 761/1969. Se, quindi, nel caso di vacanza trova applicazione l'art. 29, terzo comma, quando si verifichi una vera e propria vacanza del posto di primario e l'aiuto assume le funzioni primariali a titolo autonomo, si e' al di fuori dell'ambito di applicazione dell'art. 7 citato, avendosi l'occupazione ancorche' temporanea del posto e delle attribuzioni del superiore mancante. Sebbene l'amministrazione abbia l'obbligo di provvedere al piu' presto con la procedura di copertura del posto vacante ovvero tramite trasferimento di altro primario, puo' accadere che cio' si renda praticamente impossibile; in tal caso soccorre la norma eccezionale di cui al secondo comma dell'art. 29 del d.P.R. n. 761/1969, che consente l'attribuzione dell'aiuto delle funzioni primariali entro un limite temporale non valicabile e senza variazioni del trattamento economico. Oltre i sessanta giorni l'amministrazione deve, comunque, provvedere in altro modo. Ne consegue che l'esercizio delle mansioni oltre tale termine deve ritenersi illegittimo cosi' come l'eventuale provvedimento che l'amministrazione adottasse in tal senso. Senonche', secondo la citata sentenza della Corte costituzionale, le mansioni svolte dall'aiuto oltre i sessanta giorni dovrebbero essere retribuite, con la ovvia conseguenza che da un comportamento vietato dalla legge deriverebbero vantaggi anziche' sanzioni per l'interessato. Permane, peraltro, il dubbio, espresso dall'adunanza plenaria nella ordinanza n. 10/1989 citata e che questo collegio condivide, che la soluzione prospettata sopra possa contrastare con l'art. 36 della Costituzione, secondo cui il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del lavoro effettuato. Nella fattispecie in esame e' indubbio, infatti, che l'interessato abbia, con il consenso dell'amministrazione, effettuato una prestazione corrispondente alla qualifica primariale, da cui discende la rilevanza della questione. Ritiene, quindi, il collegio di rimettere d'ufficio la questione alla Corte costituzionale per la valutazione della questione se l'art. 29 del d.P.R. n. 761/1979 come sopra interpretato, vietando l'esercizio delle mansioni superiori oltre i sessanta giorni ed implicitamente vietando l'attribuzione del trattamento economico superiore nell'ipotesi di un proseguimento dell'attivita' al di la' del termine anzidetto, si trovi in contrasto con l'art. 36 della Costituzione per non essere stato l'interessato retribuito proporzionalmente alla qualita' e quantita' del suo lavoro.